domenica 14 settembre 2008

Zorba il greco

"(...) Il bambino-incandescente...
(...) E' lo stesso bambino che a dieci anni lesse Zorba il greco perché un'insegnante che amava aveva parlato del libro con entusiasmo e con le lacrime agli occhi. Lui non aveva mai visto lacrime come quelle, né in un bambino né, tantomeno, in un adulto. Erano lacrime di struggimento, una parola che non conosceva (...). A casa sua non c'erano libri. I libri sono un ricettacolo di polvere, sono sporcizia. Il loro posto è nelle biblioteca della scuola. Allora rubò dei soldi dal portafogli di suo padre, il portafoglio sacro, e per la prima volta in vita sua andò a comprarsi un libro. Lo lesse e non capì molto. Non capì nulla, a dire il vero, se non che era più bello di quello che conteneva, perché ruggiva di vita e lo chiamava per nome. Nel suo grande entusiasmo lo divorò per intero. Ci mise quasi un anno, lo terminò esattamente il giorno del suo undicesimo compleanno, come segreto regalo a se stesso.
Non è piacevole, sai. Di nascosto, a prezzo di tremendi mal di pancia che nessuna medicina poteva sconfiggere, finiva una pagina e la tagliava in piccoli pezzi e uguali, che masticava con pazienza e poi ingoiava. Una pagina al giorno, con intervalli di tre ore tra un pezzo e l'altro. Un rito preciso e meticoloso. Ricordi il libro pubblicato da Am Oved e venduto con lo sconto ai dipendenti civili dell'esercito? Quello con la copertina color senape e i bordi rossi? Un pò amara? Trecento e più pagine si masticò, per soddisfare il suo bisogno carnale di parole. Ti dirò, Myriam, ho sempre avuto anche qualche leggero sospetto su di lui. Perchè già allora le sue azioni nascondevano altri motivi e dietro ogni nobile idea si intravedeva la coda di un toporagno. Quindi, forse mangiò Zorba perché le autorità preposte alla sicurezza domestica non scoprissero, nelle loro perquisizioni in fondo al cassetto, un libro nuovo che non aveva alcuna ragione di trovarsi lì. Un libro privo del timbro della biblioteca scolastica.
Cioè: provai a falsificarne uno, certo che ci provai (non mi sottovaluterai fino a questo punto!). Sulla pagina bianca in fondo al libro disegnai un grosso timbro, ma si vedeva che era una falsificazione mal riuscita. Strappai la pagina, ma non potevo gettarla nell'immondizia, e tantomeno nel water. Com'è possibile gettare una pagina di Zorba nel water? Così, senza quasi pensarci, la misi in bocca e cominciai a masticare (lo ricordo benissimo, ora: un sapore strano, sgradevole, di polvere. Carta piuttosto scadente). Tentai anche di scrivere la dedica di un amico, ma non riuscii a contraffare una scrittura sconosciuta e allora ingoiai anche quella pagina. Così, senza volerlo, prese il via quell'idea poeto-gastronomica..."

tratto da Grossman, Che tu sia per me il coltello

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